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La mente digitale
Come gli smartphone cambiano attenzione, memoria e identità
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Smartphone; disturbo dell’attenzione, frammentazione della memoria e modificazione dell’identità

Quando parliamo del disturbo dell’attenzione in chiave moderna, dobbiamo pensare a quello che in questo momento è più presente all’interno delle nostre vite, ovvero gli smartphone, questi sono ormai divenuti estensioni permanenti di noi stessi: li portiamo ovunque, li consultiamo centinaia di volte al giorno e affidiamo loro memoria, orientamento, comunicazione, persino una parte della nostra regolazione emotiva. Ma cosa succede alla nostra attenzione, alla memoria e alla costruzione dell’identità quando il dispositivo diventa il filtro attraverso cui viviamo?
In questo articolo esploriamo insieme quali sono gli effetti cognitivi dell’iperconnessione, integrando prospettive neuroscientifiche, psicologiche e un’ottica simbolico-analitica.

disturbo dell'attenzione e smartphone

Utilizzo degli smartphone e frammentazione dell’attenzione

L’attenzione frammentata: quando il cervello non riesce più a restare su una cosa sola

L’attenzione è la prima funzione a risentire dell’uso costante dello smartphone. Il continuo alternarsi tra notifiche, messaggi, social e micro-interruzioni crea una modalità mentale che gli psicologi chiamano attentional switching, ovvero un passaggio rapido da uno stimolo all’altro. Questo tipo di fenomeno, molto studiato negli ultimi tempi porterebbe a sperimentare un disturbo dell’attenzione legato all’utilizzo eccessivo e perseverante degli smartphone.

Il problema non è lo smartphone, ma la frequenza dell’interruzione

Ogni volta che controlliamo il telefono, attiviamo una piccola scarica di dopamina. Questo rinforzo intermittente (lo stesso schema avviene nei giochi d’azzardo) trasforma l’apparecchio in un trigger che richiede la nostra attenzione anche quando non c’è nulla da controllare.

Il risultato è una mente allenata a:

  • Interrompere attività importanti

  • Cercare stimoli esterni per evitare la noia

  • Tollerare sempre meno il silenzio e la profondità

La concentrazione prolungata, essenziale per studio, lavoro e introspezione, diventa più difficile.

L’effetto “finestra mentale”

Diversi studi mostrano che anche uno smartphone spento ma visibile riduce la qualità dell’attenzione. Basta la sua presenza per occupare risorse cognitive: una parte di noi resta “in ascolto”, come se attendesse qualcosa.

È un’attenzione divisa tra:

  • attività primaria (studio, conversazione, lavoro)

  • attività potenziale (possibile notifica, aggiornamento, messaggio)

Questa doppia linea di pensiero riduce profondità, memoria di lavoro e immersione.

Memoria esternalizzata: cosa succede quando ricordiamo meno e deleghiamo di più

Lo smartphone è diventato un archivio esterno: foto, appuntamenti, note vocali, mappe, contatti… tutto è lì.
Se da un lato questo ci libera da molte incombenze, dall’altro porta a un indebolimento graduale della memoria di richiamo.

La “Google effect memory”: non ricordo, tanto lo trovo…

Quando sappiamo che un’informazione è facilmente reperibile, il cervello smette di immagazzinarla in modo solido. L’effetto è una memoria più fragile, meno autonoma, meno associativa.

La memoria episodica sotto pressione

Fotografiamo tutto:

  • Cibo, tramonti, viaggi, incontri, eventi…

Questo gesto automatico porta a vivere meno l’esperienza diretta. Se la mente sa che “sarà tutto nelle foto”, registra meno dettagli, forme, odori, emozioni, colori. Il ricordo diventa povero, perché un algoritmo ha sostituito la nostra capacità di fissare l’esperienza.

Il problema non è delegare, ma delegare sempre e comunque 

La memoria umana non è nata solo per ricordare; è nata per dare significato.
Se deleghiamo troppo, perdiamo continuità narrativa: ricordiamo meno chi eravamo, cosa abbiamo vissuto, e come siamo cambiati. Ed è proprio la continuità del ricordo che costruisce identità.

Identità digitale: chi siamo senza il nostro smartphone?

Lo smartphone non influisce solo sul funzionamento cognitivo, ma anche sulla costruzione del . Nella psicologia analitica potremmo dire che lo strumento in questione è diventato un contenitore simbolico: ospita aspetti dell’Io, dell’Ombra, del desiderio, della conferma sociale.

L’io performante: la parte di noi che vive “in vetrina”

Le piattaforme digitali spingono alla costruzione di un’immagine curata, selezionata, ottimizzata.
Il problema non è mostrarsi, ma identificarsi con ciò che si mostra. Una parte della nostra identità viene regolata attraverso:

  • Like

  • Approvazione

  • Visualizzazioni

  • Notifica di risposta

L’autostima diventa più fragile, perché dipende da feedback esterni, istantanei e volatili.

L’ombra digitale: ciò che non vogliamo vedere

Tutto ciò che non esprimiamo nella realtà analogica trova spazio nel digitale:

  • Aggressività nei commenti

  • Voyeurismo

  • Confronti costanti con vite “migliori”

  • Dipendenza dalla gratificazione immediata

Lo smartphone diventa così un luogo psichico dove parti inconsce trovano una via di fuga.

L’identità frantumata: mille ruoli in un solo dispositivo

Un unico oggetto contiene:

  • Lavoro
  • Amore

  • Famiglia

  • Svago

  • Terapia

  • Problemi finanziari

  • Archivio di memorie

È come avere una stanza mentale senza porte separate: tutto è mescolato, tutto accade nello stesso luogo simbolico.
Questo, secondo molte ricerche scientifiche potrebbe  aumentare episodi di forte stress, ansia e fatica emotiva.

Verso una mente digitale più sana: come usare lo smartphone senza esserne dominati

Non serve demonizzare la tecnologia, ma imparare a darle un posto chiaro nella nostra psiche.

Ecco alcune pratiche semplici e scientificamente efficaci:

  • Tieni lo smartphone fuori dalla vista mentre lavori o studi.
    Riduce il carico cognitivo nascosto.

  • Imposta tempi senza notifiche.
    Il cervello deve ricordare come stare “in un solo posto”.

  • Vivi le esperienze prima di fotografarle.
    Una memoria vissuta ha più valore di una memoria archiviata.

  • Mantieni momenti di “vuoto mentale”.
    Le idee emergono quando la mente è libera.

  • Separazione degli spazi psicologici.
    Lavoro–svago–affetti non devono vivere nello stesso flusso infinito.

Conclusione: la mente digitale richiede nuove forme di cura

Lo smartphone non è solo uno strumento: è diventato un oggetto transizionale tecnologico, un ponte tra noi e il mondo.
Ci offre possibilità immense, ma chiede in cambio una maggiore consapevolezza. La sfida contemporanea è trovare un equilibrio tra la nostra mente biologica, lenta, simbolica e profonda, e la mente digitale, rapida, frammentata e costantemente stimolata.

Solo riconoscendo questo conflitto possiamo tornare a un rapporto sano con la tecnologia e con noi stessi.

Bibliografia:

  • Carr, N. (2011). Internet ci rende stupidi? Perché non pensiamo più come prima. Raffaello Cortina Editore.

  • Turkle, S. (2012). Insieme ma soli. Perché ci aspettiamo sempre più dalla tecnologia e sempre meno dagli altri. Einaudi.

  • Goleman, D. (2013). Focus. Il motore nascosto dell’eccellenza. Rizzoli.

  • Riva, G. (2012). Il corpo digitale. Realtà virtuale e neuroscienze. Il Mulino.

  • Riva, G. (2015). La psicologia dei nuovi media. Il Mulino.

  • Floridi, L. (2017). La quarta rivoluzione. Come l’infosfera sta trasformando il mondo. Raffaello Cortina.

  • Gentile, D. A., & Rosen, L. D. (2020). Tecnologia e mente umana: rischi e opportunità. FrancoAngeli.

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